Il Servizio Radiotelegrafico e intercettazioni del Regio Esercito nel 1915-1918

Il battesimo del fuoco del Servizio radiotelegrafico del Regio Esercito si registrò in terra d’Africa, nel corso del conflitto italo-turco del 1911-1912. Vi partecipò una compagnia radiotelegrafisti che mantenne i collegamenti tra Tripoli e la Sicilia, prima con Lampedusa, poi con la città di Vittoria (distante circa 500 km) e fra Tripoli e città libiche di Derna e Misurata. Si impiegarono anche stazioni campali da fanteria e someggiate da cavalleria. Lo stesso Guglielmo Marconi si recò in Libia per verificare la funzionalità dei mezzi radio ed offrire la propria competenza in materia al personale radiotelegrafista dell’Esercito. Il primo, infruttuoso tentativo di ricorso ai mezzi radio risaliva, però, al 1903, seguito dagli esperimenti in occasione delle manovre in Campania del 1905, dove vennero utilizzate delle stazioni radio realizzate dalla brigata specialisti col concorso della società Marconi. La prima sezione radiotelegrafica della specialità telegrafisti dell’arma del Genio venne istituita nel 1907. Nel marzo del 1914, il Regio Esercito disponeva, per le esigenze delle mobilitazione, di 24 stazioni radiotelegrafiche operative: 8 da 1,5 – 3 kW per divisione di cavalleria, 10 da 1,5 kW Marconi su carreta e 6 da 1,5 kW Marconi per Z.M.; si avevano pure a disposizione, oltre alcuni stazioni di vario tipo per istruzioni, 2 apparati francesi da 0,3 kW della Societè Radioèlectrique. Risultavano in corso di allestimento una stazione da 1,5 kW su carretta, 7 stazioni da 1,5 kW cammellabili di riserva per la Libia, 5 stazioni Mercadier Magunna da 0,3 kW. Si era in attesa, inoltre, dei fondi per acquistare 6 stazioni da 1,5 kW su automobili e 4 da o,5 kW Marconi. L’intervento in guerra dell’Italia contro l’Austria-Ungheria portò ad uno sviluppo delle radiocomunicazioni, nonostante le difficoltà di approvvigionamento delle stazioni radio e di addestramento del personale specialista. All’inizio della guerra il servizio radiotelegrafico comprendeva i seguenti organi: L’ispettore capo del servizio telegrafico militare presso il Comando Supremo; gli Ispettori del servizio telegrafico militare d’armata, addetti ai comandi del genio d’armata (affiancati a partire dal 1917 da un sottoispettore); una sezione radiotelegrafica presso il Comando Supremo; una sezione radiotelegrafica presso ogni comando d’armata; una sezione radiotelegrafica presso ogni comando di divisione di cavalleria; l’ufficio radiotelegrafico di Treviso, dal quale dipendevano gli impianti R.T. fissi delle fortezze della zona di guerra. Nel 1915 le sezioni R.T. del Comando Supremo e d’armata comprendevano 2 stazioni carreggiate da 1,5 kW, mentre le sezioni R.T. per divisione di cavalleria avevano 2 stazioni automobili da 1,5 – 3 kW. L’Ufficio di Treviso aveva la gestione di 12 stazioni R.T. fisse da 1,5 – 3 e 5 kW dislocate nel territorio di frontiera. Una compagnia radiotelegrafisti era dislocata in Libia. Nel corso del conflitto si adottarono stazioni someggiate da 0,5 e 0.3 kW, portatili da 0,2 kW, di piccola potenza da 0,1 – 0,05 e 0,04 kW. Per i collegamenti avanzati si utilizzarono anche posti T.P.S. di telegrafia attraverso il suolo (geotelegrafia), della portata massima di 2-3 km. Per rendere possibile il contemporaneo e migliore funzionamento del servizio radiotelegrafico e per effetto degli aumentati e diversificati mezzi radio, fu necessario provvedere al loro coordinamento ed alla loro disciplina. Venne pertanto affermato e sanzionato il concetto della direzione unica di tutto il servizio R.T. di una armata. La direzione tecnica unica del servizio R.T. del’intero teatro di guerra continuò ad essere devoluta all’ispettore capo del servizio telegrafico militare presso il Comando Supremo, come previsto dalla pubblicazione n. 87, edizione 1914, Norme generali comuni per il servizio R.T. del Regio Esercito e della Regia Marina e ribadito con la circolare n. 13770 in data 16 novembre 1916 del Comando Supremo – Ufficio Tecnico, Ordinamento del Servizio delle Trasmissioni. Dall’ispettore capo dipendevano anche il servizio di intercettazione radiotelegrafica e di determinazione radiogoniometrica delle stazioni R.T. avversarie. Nel dicembre 1916 erano operative 15 sezioni R.T.: 5 d’armata (1^, 2^, 3^, 4^, 6^ assegnate alle rispettive armate), 4 di cavalleria (1^, 2^, 3^, 4^ assegnate alle corrispondenti divisioni), oltre alla 1^ e 2^ sezione R.T. speciale dei corpi d’occupazione di Albania e Macedonia, alla sezione R.T. del Comando Supremo, alla sezione fissa di Treviso, alla sezione R.T. d’artiglieria alle dipendenze della 4^ armata, alla sezione R.T. d’aviazione gestita dal magazzino avanzato d’aviazione di Pordenone. Nel giugno 1917 e nel gennaio 1918 vennero soppresse, rispettivamente, le sezioni R.T. d’artiglieria e le sezioni R.T. d’aeronautica. Il personale dipendente ed i relativi mezzi vennero ripartiti tra il 3° Reggimento Genio Telegrafisti e le sezioni R.T. d’armata e del Comando Supremo. Nell’ottobre 1917, pur essendo grandemente aumentato il numero delle stazioni ed essendosi molto sviluppata la rete delle comunicazioni radio, il numero delle sezioni era rimasto fermo a 15. In base alla circolare n. 14000 in data 31 maggio 1918 il Comando Supremo dispose il riordinamento del servizio radiotelegrafico. Alle dipendenze dell’ispettore capo servizio telegrafico militare vennero messi 3 ufficiali: uno addetto al servizio R.T. di aeronautica e difesa aerea ed uno addetto alle relazioni fra il servizio R.T. e servizio informazioni. Quali organi direttivi, esistevano presso i comandi di armata e di corpo di armata degli ufficiali superiori (ispettori) del servizio R.T.. Come organi esecutivi, vi erano presso il Comando Supremo una sezione R.T. ed una sezione radiogoniometrica e presso ogni armata, corpo di armata, divisione di cavalleria e grande unità autonoma una sezione R.T.. Nel luglio 1918 venne creato un deposito del battaglione radiotelegrafisti, al quale passarono effettivi i reparti R.T. in precedenza mobilitati dal 7° Reggimento Genio Telegrafisti. Qualora le fortunate vicende belliche dell’autunno del 1918 non avessero posto termine alle ostilità, l’assegnazione di mezzi radiotelegrafici si sarebbe gradatamente estesa anche alle divisioni, alle brigate, ai reggimenti ed ai battaglioni. I programmi prevedevano l’acquisizione di 600 stazioni R.T. da trincea. Nella realtà, alla vigilia di Vittorio Veneto, erano disponibili 20 sezioni radiotelegrafiche, su un totale di 29 costituite nel corso del conflitto. Nel novembre 1918 erano in linea: 8 stazioni radio fisse; 55 campali da 1,5 – 3 kW; 32 campali da 0,5 kW; 63 campali da 0,2 kW; 76 campali da 0,01 – 0,04 – 0,05 kW; 268 stazioni d’ascolto per aviazione; 34 stazioni per intercettazione radio; 13 stazioni radiogoniometriche. L’Istruzione provvisoria sui collegamenti emanata dal Comando Supremo nel 1918 riferiva: “La radiotelegrafia è impiegata per i seguenti motivi: stabilire comunicazioni fra comandi e raparti dipendenti, in regioni attraverso le quali non possono sussistere comunicazioni col filo; per condizioni topografiche e climatiche oppure per la violenza del tiro nemico; diramare comunicazioni circolari urgenti, come per esempio ordini per concentramenti di fuoco per artiglieria, segnalazioni antiaeree, meteorologiche, ecc.; mettere in comunicazione gli aerei con le stazioni terrestri; mettere in comunicazione reciproca le aeronavi in volo; intercettare le comunicazioni radiotelegrafiche emesse dalle stazioni nemiche; costituire comunicazioni di riserva fra comandi di grandi unità e comandi dipendenti, fra osservatori avanzati e comandi di artiglieria, ecc. Piccole stazioni radiotelegrafiche di tipo speciale possono essere istallate in vicinanza delle prime linee, per garantire le comunicazioni con i comandi retrostanti anche durante l’intenso tiro nemico; il loro numero deve però essere limitato, ad evitare che reciprocamente si disturbino. Il piccolo rendimento di tali stazioni e la facile intercettazione fanno sì che la radiotelegrafia debba al momento attuale considerarsi, per le truppe in prima linea, come un mezzo di collegamento eccezionale, da impiegarsi in caso di necessità e per brevi comunicazioni. (…) Collegamento con gli aerei. Gli aeroplani hanno a bordo una piccola stazione radiotelegrafica della potenza di circa 50 Watt e con raggio d’azione non superiore ai 15-20 km. L’antenne delle ordinarie stazioni R.T. terrestri è costituita da un filo, detto aereo, di lunghezza visibile da 150 a 200 metri, che viene svolto dall’osservatore quando deve trasmettere e riavvolto sul proprio tamburello a trasmissione finita. Mediante l’apparecchio di bordo, l’osservatore può inviare con segnali Morse qualsiasi messaggio a stazioni riceventi appositamente preparate a terra. Finora, a bordo degli aeroplani sono state installate soltanto stazioni trasmittenti, perché il rombo del motore rande assai difficile la ricezione ad udito, (…) Servizio collegamento con aerei, che si opera mediante stazioni trasmittenti collegate a bordo dei velivoli (Marconi 40 W, stazioni francesi con alternatore tipo K, stazioni T. Av. 200 W) e posti d’ascolto presso gli enti interessati, vale  a dire presso i comandi di artiglieria di corpo d’armata, comandi di gruppo di artiglieria, comandi di batterie (per il servizio di ricognizione in genere e il servizio d’osservazione del tiro), e presso i comandi di brigata di fanteria (specialmente per il servizio di collegamento colle fanterie). Esistono anche stazioni di ascolto presso i campi d’aviazione per il controllo del servizio prestato dagli aerei. Nell’ultimo anno di guerra, la radiotelegrafia era impiegata per: servizio di collegamento delle grandi unità, servizio di prima linea, servizio di artiglieria, servizio di aeronautica, servizio antiaereo, servizio radiogoniometrico, servizio d’intercettazione, servizio di trasmissione di circolari simultanee (bollettini e notizie di guerra, bollettini meteorologici, aerologici, orario, ecc.), servizio radiotelefonico, servizio di ricezione meccanica di trasmissioni celeri. Sulla base dell’esperienza bellica, nel febbraio 1919, sul Bollettino tecnico di guerra dell’arma del genio di poteva leggere: “Nella guerra di posizione la radiotelegrafia si è dimostrata un prezioso sussidiario di comunicazione, a completamento del servizio telegrafonico ordinario, per casi in cui il collegamento col filo o con mezzi ottici non è possibile, o conveniente, e specialmente quando occorrano comunicazioni direttissime a grandi distanze. D’altra parte, nella guerra mobile (specialmente in territorio nemico) e per il collegamento con i velivoli, la radiotelegrafia ha rappresentato un mezzo principale di comunicazione, tanto più che, in generale, essa è anche indipendente dalla configurazione del terreno. Ma, in ogni caso, deve tenersi presente che il servizio radiotelegrafico non può sostituire in modo assoluto il servizio telegrafonico, per la sua minore produttività”. Il problema delle intercettazioni radio era stato valutato dagli organi tecnici del Ministero della Guerra fin dagli albori delle trasmissioni senza filo. Nell’ottobre 1914, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Luigi Cadorna, propose di aggiornare le Istruzioni di polizia militare edizione dicembre 1912 con delle norme ch facilitassero il compito degli organi militari nella ricerca di stazioni radiotelegrafiche clandestine. “La scoperta fatta in questi ultimi tempi di numerose stazioni radiotelegrafiche abusive ha dimostrato quanto vada diffondendosi clandestinamente questo nuovo trovato della scienza, sia per ragioni di studio, sia per semplice curiosità o diletto. Questi impianti, fatti per scopi apparentemente innocenti, possono però favorire atti di spionaggio e costituire una vera e propria insidia alla nostra difesa militare, in pace e in guerra, E’ quindi assolutamente necessario che le autorità militari concorrano esse pure con ogni mezzo a prevenire questi atti criminosi, interessando i dipendenti ad esercitare ovunque un’attiva vigilanza intesa a stabilire l’esistenza di stazioni R.T. abusive e a far colpire col rigore della legge i contravventori.” Le aggiunte a varianti alla pubblicazione Istruzioni di polizia militare erano contenute nell’allegato n. 2, Vigilanza sulla radiotelegrafia: “(…) Sono riservati al Governo lo stabilimento e l‘esercizio degli impianti radiotelegrafici e le concessioni ai privati od enti di stabilire ed esercitare impianti del genere.  (….) Lo spionaggio militare per mezzo della radiotelegrafia può valersi tanto di stazioni complete quanto di stazioni solo riceventi. Con le prime si possono sia carpire che trasmettere notizie anche  grandissima distanza, con le seconde si possono carpire le comunicazioni che avvengono fra le nostre stazioni radiotelegrafiche e anche ricevere ordini o istruzioni da stazioni situate fuori del territorio nazionale. L’aereo delle stazioni radiotelegrafiche abusive può assumere forme diverse. Occorre fare una distinzione essenziale per le stazioni trasmittenti e quelle solo riceventi: le prime devono avere un aereo vero e proprio che, qualunque sia la forma adottata per dissimularlo, presenta una struttura visibile a distanza che non può sottrarsi a lungo a ricerche bene ordinate; le seconde invece non solo possono valersi di semplici fili già predisposti per altri bisogni sui tetti o lungo le facciate delle case (fili di parafulmini, aste per bandiere, ecc.), ma anche di conduttore metallico d’altra forma, come ad esempio, una grondaia. Si deve inoltre notare che non è condizione assolutamente necessaria che tale conduttore sia posto all’aria libera, perché potrebbe anche essere collocato nell’interno di fabbricati e perfino entro sotterranei. (…) Inoltre, mentre gli apparati trasmittenti sono sempre rumorosi nel loro funzionamento e richiedono l’impiego di una notevole energia elettrica prodotta da motori a scoppio, gli apparati riceventi sono assolutamente silenziosi.” Con la diffusione delle reti di collegamento radio nel corso del conflitto mondiale, si accrebbero in maniera esponenziale le possibilità di intercettazione e di disturbo da parte del nemico. Il principale punto debole delle radiocomunicazioni rispetto agli altri sistemi di collegamento venne riconosciuto, infatti, nella sensibilità ai disturbi, indotti dal nemico o naturali, e nella facilità di intercettazione da parte di stazioni riceventi avversarie sintonizzate sulla stessa frequenza d’onda. Ai disturbi provenienti da appositi apparecchi nemici, occorreva ovviare attribuendo ai segnali acustici una tonalità differente da quella dei disturbi, oppure tenendo disponibili alcune onde da impiegare segnatamente in ore di non consueto lavoro. L’intercettazione si evitava imponendo una ferrea disciplina di lavoro: trasmissioni esclusivamente in cifra, stazioni contraddistinte da nominativi, limitate possibilità di scelta dell’onda. Cifrario, nominativo e onda di trasmissione dovevano essere frequentemente cambiati, allo scopo di meglio assicurare il segreto. Per ridurre il rischio di intercettazioni radio da parte del nemico, il Comando supremo ribadì nel giugno 1916 a tutti gli alti comandi il divieto di servirsi della radiotelegrafia disponendo di altri mezzi di comunicazione e nella trattazione di notizie militari particolarmente importanti e di rilievo politico. Uno dei primi provvedimenti presi dai nuovi vertici dell’esercito all’indomani di Caporetto fu proprio quello di cambiare tutti i cifrari e di uniformarne e regolarne l’impiego. Il Comando Supremo italiano si era reso conto, infatti, della facilità con cui il nemico riusciva a decifrare le proprie comunicazioni classificate a mezzo radiotelegrammi. In sostituzione dei cifrari Militare tascabile e Speciale pei comandi inferiore alla divisione, si è adottato il tipo di cifrario a Dizionario di sillabe e parole, compilato con la scorta di alcune centinaia di fonogrammi effettivamente scambiati in varie Divisioni. Tale tipo presenta una notevole garanzia di segreto (dovuta specialmente alla numerazione completamente arbitraria delle voci), purchè vengano osservate alcune semplici norme. (…) L’uso sempre più ampio della radiotelegrafia come mezzo di comunicazione, con le conseguenti possibilità d’intercettazione da parte del nemico, e la perfezione raggiunta dai mezzi di intercettazione telefonica, rendono necessaria la massima oculatezza nell’impiego dei metodi destinati a cifrare le comunicazioni telegrafiche, telefoniche e radiotelegrafiche. Questo comando ha già provveduto per la diramazione di cifrari per la prima linea (cifrario “R”), per le maggiori unità fino alla divisione (cifrario “D”), per l’adozione di apposite tabelle di trasformazione pei cifrari “Speciale” e “Azzurro”, e sta provvedendo per il rifacimento del cifrario “Azzurro”, suddetto e del “Verde”. Inoltre speciali istruzioni sono state impartite alle sezioni R.T. per la cifratura dei radiotelegrammi. (…) I cifrari più comunemente usati del tipo a dizionario con numerazione paginata sono di facilissima decifrazione  per parte del nemico anche se non possiede il cifrario, purchè abbia a sua disposizione un certo numero di testi cifrati, specie se, come avviene di solito, la cifratura non è integrale. Le cosidette chiavi, consistenti nel cambiare la numerazione delle pagine, quasi nulla aggiungono al segreto dei cifrari di tale tipo. In nessun caso uno stesso cifrario dovrà essere tenuto in servizio per più di un mese; di norma però il cambio dovrà avvenire ogni 15 giorni, e anche più spesso, nei periodi di intense comunicazioni o precedentemente ad importanti azioni, oppure quando si abbia il fondato sospetto che il nemico intercetti perfettamente le nostre comunicazioni, oppure ancora quando il cifrario sia usato frequentemente per comunicazioni radiotelegrafiche.” Nell’autunno 1918, per i collegamenti tra i comandi fino a quello di divisione compreso, i radiotelegrammi dovevano ricorrere al cifrario “Grigio”; le comunicazioni radiotelegrafiche con comandi alleati sfruttavano, invece, il cifrario “I.A.” (interalleato). Le norme e procedure tendenti a garantire la sicurezza delle comunicazioni radio apparivano quanto mai necessarie in considerazione dell’impulso dato in Austria-Ungheria al servizio intercettazioni radio, attivo contro l’Italia già ai tempi della guerra di Libia. Anche l’Esercito italiano aveva cercato. Comunque, di seguire l’esempio dei più moderni e meglio attrezzati eserciti alleati e nemici, sviluppando una propria capacità di intercettazione di comunicazioni radio. Già nel febbraio 1916, gli specialisti italiani del genio radiotelegrafisti erano stati in grado di captare trasmissioni radio tra aerei austro-ungarici impegnati in missioni di osservazione e direzione del tiro d’artiglieria e stazioni riceventi a terra. “Tutti i radiogrammi avversari qui riportati sono stati intercettati dalla stazione radiotelegrafica di Maria Zell,  situata sulla collinetta a quota 641, a sud di detta località, e provenivano con ogni verosimiglianza da apparecchi posti su velivoli austriaci librantisi in volo a discreta distanza, a nord della suddetta stazione ricevente, nel settore Tolmino-Santa Lucia. O a sud, nel settore Gorizia: non s’è potuto accertare dove. Dall’ora in cui vennero intercettati detti messaggi risulta che l’avversario usa fare le osservazioni di tiro mediante velivoli dalle ore 11 alle ore 12, ora che certamente nell’attuale stagione porta le migliori condizioni di visibilità.  (…) Si stima inutile far rilevare come dagli esempi allegati appaia chiaramente che il sistema dell’aggiustamento del tiro coll’osservazione di velivoli viene adoperato ormai correntemente  e  con grande perizia dagli austriaci, tanto da consentire aggiustamenti con numero di colpi relativamente limitatissimo, che consentono sia brevi voli degli apparecchi, sia due aggiustamenti durante uno stesso volo. Il comando della stazione radiotelegrafica di Malga Zell esprime l’avviso che la miglior arma per rendere aleatorie od inefficaci le segnalazioni di tiro degli aeroplani nemici sia la installazione in località e posizione opportuna di una stazione radiotelegrafica mittente, di sufficiente potenzialità e munita di apparecchio per variare celermente la lunghezza d’onda, la quale lanci, non appena avvertita una segnalazione nemica, dei segnali simili a quelli riportati, atti a falsare comunque l’esatta interpretazione delle segnalazioni avversarie. Nel marzo 1916, tramite intercettazioni radio, il Comando Supremo italiano venne a sapere dell’afflusso per ferrovia di dieci equipaggi da ponte diretti nella zona di Tolmino e di preparativi austro-ungarici per una puntata offensiva nello stesso settore. Nel luglio 1916, l’Ufficio informazioni del Comando Supremo decide di togliere, alle sole stazioni radiotelegrafiche direttamente assegnate ai comandi d’armata e alla Zona Carnia, “il divieto di intercettare e trascrivere i comunicati nemici, allo scopo di permettere ai maggiori comandi di venire sollecitamente a conoscenza dei bollettini di guerra avversari per provocarne eventualmente la smentita”. Il servizio radiogoniometrico per la localizzazione delle stazioni radio nemiche e d’intercettazione radio, come quello telefonico, vennero gestiti, a partire dal 1917, dall’Ufficio Informazioni del Comando Supremo (posti radiogoniometrici e d’ascolto arretrati e posti d’ascolto territoriali) e dagli uffici o sezioni informazioni dei comandi d’armata (posti radiogoniometrici e d’ascolto arretrati e posti d’ascolto d’armata). La radiogoniometria, cioè la tecnica che tende a determinare la direzione di provenienza dei segnali radio, venne impiegata con successo, soprattutto in pianura, grazie anche al numero relativamente ridotto di stazioni R.T. in dotazioni agli austro-ungarici ed alla loro elevata potenza di trasmissione. Occorrevano tre radiogoniometri, convenientemente distanziati tra loro, che, determinando la rispettiva direzione di provenienza della stessa emittente, deducevano, dal’incrocio di due o tre stazioni rilevate, la dislocazione della stazione radio nemica.  La tendenza generale, manifestatasi presso tutti gli eserciti belligeranti, verso l’impiego sempre più ampio di piccole stazioni R.T. come mezzo di comunicazione dei reparti di prima linea, rese possibile una maggiore utilizzazione delle intercettazioni radio come fonte di informazioni sul nemico. Si sentì, quindi, il bisogno di estendere il numero dei posti d’ascolto R.T. e radiogoniometrici nelle vicinanze delle linee nemiche e di decentrare il servizio in modo tale da rendere più rapida e fruttuosa l’utilizzazione dei risultati. Così, nell’aprile 1918, il Comando Supremo dispose il riordinamento del servizio intercettazioni radiotelegrafico, che assunse la seguente fisionomia organica: Organi del servizio presso il Comando Supremo: 1) il Reparto R.T. del Servizio Informazioni, 2) il suo distaccamento crittografico presso la Sezione radiogoniometrica del Comando Supremo, 3) L’Ufficio dell’Ispettore capo del servizio telegrafico militare, 4) la Sezione radiogoniometrica del Comando Supremo. Organi del servizio presso le armate: 1) un Reparto I.R.T. (intercettazioni radiotelegrafiche) facente parte della Sezione R.T. d’armata e comprendente almeno un ufficiale ed un certo numero di stazioni sia di ascolto che radiogoniometriche in relazione alla natura ed alla estensione del fronte dell’armata, 2) un ufficiale dell’Ufficio informazioni d’armata, specialmente istruito nel servizio crittografico. La documentazione proposta evidenzia la sensibilità dei vertici del Regio Esercito sul problema delle intercettazioni radio fin da prima del conflitto mondiale e gli sforzi, forse tardivi, fatti per rendere sicura e segreta la trasmissione, allo scopo di evitarne la decrittazione da  parte del nemico. Il servizio intercettazioni radiotelegrafico italiano, anche se meno sviluppato di quello telefonico, e forse meno efficiente di quello austro-ungarico, raggiunse, comunque, un discreto sviluppo nel corso della guerra, come testimoniano le 34 stazioni in servizio nel 1918.

a cura di F. Cappellano in Storia Militare. Per gentile concessione

 

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