Verona - Dirigibili a Boscomantico

Un “buco nero” nella conoscenza storica di Verona è stato recentemente eliminato da un libro edito dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica, intitolato I dirigibili italiani nella Grande Guerra. È uno studio accurato di Basilio Di Martino, colonnello del Genio Aeronautico, che fa piena luce sull’attività bellica delle aeronavi di base a Boscomantico, una realtà misconosciuta che vede protagonisti personaggi veronesi anche illustri, come Nico Piccoli, Attilio Calderara (fratello di Mario), Ettore Arduino, scomparso il 25 maggio 1928 nella tragedia dell’aeronave Italia di Umberto Nobile, dopo il sorvolo del Polo. Il protagonista per eccellenza fu tuttavia Angelo Berardi, infaticabile dirigibilista che, con l’aeronave d’alta quota M. 11, operò durante l’intera Grande Guerra da Boscomantico, martellando le infrastrutture austriache dalla Val Lagarina alla Valsugana, a Bolzano. Già prima della guerra Boscomantico, ravvisato come una base naturale e ideale per eventuali operazioni belliche contro l’Austria sul fronte alpino, era stato sede di dirigibili del Regio Esercito. Dopo l’arrivo del P3 (P sta per la classe: Piccolo) il “cantiere” (così era definita la base, per analogia con le navi) ospitò un altro dirigibile della stessa classe, il P1, ed anche il Parseval, un “floscio” acquistato in Germania. Verso la fine del 1911 Boscomantico si mobilita per inviare in Libia il P3, che aveva compiuto 33 missioni di addestramento. Più tardi, nella primavera del 1912, anche il P1 viene smontato e spedito in Libia, per le operazioni in Cirenaica. Il trasferimento dei dirigibili in Libia fece rinviare una cerimonia per la quale un comitato di dame veronesi aveva preparato una “bandiera di battaglia”. Le esigenze della campagna di Libia avevano determinato orientamenti nuovi per i dirigibili ed il “cantiere” di Boscomantico fu ristrutturato per ospitare aeronavi di maggiori dimensioni, come i “Medi” da alta quota (M). Giunse quindi dal lago di Bracciano, il 20 maggio 1913, con nove ore di volo, il P5. L’aeronave, il giorno 25, stabilì il primato di durata, con un volo di 15 ore. Quattro giorni dopo ci fu l’attesa solenne consegna della bandiera di combattimento. Due nuovi primati furono stabiliti dal dirigibile di Boscomantico il 31 luglio: quello di velocità, con 68,4 chilometri orari, e quello di distanza (810 chilometri) sul percorso Verona-Ancona-Venezia-Verona. Dall’8 al 16 settembre il P5 partecipa alle manovre della cavalleria (con fanteria e bersaglieri) fra Mincio e Po. Una curiosità, non molto simpatica per il cronista: “L’Arena” incappa sistematicamente in una topica madornale: ogni volta che tratta dell’attività del P5 parla di P3, che dopo il rimpatrio da Tripoli veniva impiegato per l’addestramento a Vigna di Valle, sul lago di Bracciano, e poi a Mirafiori, fino al gennaio 1914, andando in disarmo nel marzo 1915.  Così leggiamo – la rievocazione è di Emanuele Luciani, “epurata” però della inesattezza per il nome dell’aeronave – che la stampa locale è prodiga di notizie sul dirigibile “P5”. Ne registra ogni uscita, precisando l’orario, le località sorvolate e la composizione dell’equipaggio. Il 12 luglio “L’Arena” scrive che il P5 è uscito alle 6,30, ha sorvolato Villafranca, Mantova e dintorni ed è rientrato nel suo hangar alle 9. Si sottolinea che tutto ha funzionato bene e che nella navicella erano presenti sei ufficiali ed un meccanico. Qualche giorno dopo il quotidiano concede all’aeromobile più spazio del solito. «È venuto infatti il momento di effettuare il primo esperimento ufficiale in Italia di manovre militari con l’intervento di un dirigibile». Onore ed onere che toccano proprio al P5 ed alle truppe del presidio di Verona, mentre è una vasta zona, compresa fra la città e Sommacampagna, a fare da sfondo al tutto. Si tratta di una novità giudicata importante soprattutto in prospettiva. Quelle in programma nei pressi di Sommacampagna sono infatti manovre di presidio, che vedono impegnati il Primo Reggimento Fanteria e il Decimo Bersaglieri. Ma ciò che si verificherà qui dovrà poi essere valutato in vista delle grandi manovre. È in atto infatti in quel periodo un’aspra polemica fra i sostenitori del dirigibile ed i fautori dell’aeroplano: una disputa, per usare le parole di allora, fra «il più leggero e il più pesante dell’aria». Si spiega così l’attesa per quel primo esperimento ufficiale. Il giorno fissato, i soldati del Primo Fanteria e del Decimo Bersaglieri sono costretti ad una levataccia: alle quattro e mezza del mattino sono già in movimento ed alle 8 precise il fuoco della moschetteria dà il segnale dell’inizio delle manovre. Le truppe sono state divise, come si usa in casi del genere, in “partiti”: il partito rosso che fa la parte dell’esercito attaccante e quindi dell’invasore, ed il partito azzurro con il compito di difendere il territorio nazionale. A quest’ultimo viene aggregato il P5 ed il suo intervento si rivela di fondamentale importanza. Infatti, a quanto riferisce “L’Arena”, l’aeromobile può portare al comando di tale partito i messaggi segnalabili e registrare ogni mezz’ora l’esatta posizione sul territorio di tutti i reparti del partito avversario. Non a caso sono proprio gli azzurri i trionfatori della giornata: «malgrado l’arditezza degli attacchi, la difesa fu efficacissima», precisano le cronache.  L’esperimento effettuato a Sommacampagna dimostra che chi combatte con l’aiuto di un dirigibile contro un nemico che ne sia privo, gode di un vantaggio analogo a quello di chi si batte contro un cieco: uno mena fendenti a caso, mentre l’altro sa dove colpire. Detto così sembra tutto semplice, ma resta da risolvere un altro problema, quello degli aerei. Se dell’utilità di dominare il cielo non discute più nessuno, si discute accanitamente sul mezzo da impiegare: l’aereo o il dirigibile, il più pesante o il più leggero dell’aria? Dopo le indicazioni offerte dalla “battaglia” combattuta dalle truppe del Presidio di Verona, si attendono altri lumi dalle grandi manovre. Si è stabilito che ad esse parteciperanno non solo due dirigibili, uno dei quali sarà proprio il P5, ma anche quattro aerei. Questi ultimi verranno utilizzati dal partito invasore, mentre i dirigibili saranno a disposizione del partito che difende il territorio. Per i dirigibili, si prospettano già tempi difficili: dovranno infatti dimostrare, come precisa ancora “L’Arena”, di «poter tenere l’aria e di sottrarsi in modo sicuro alle offese degli aeroplani». Siamo dunque in una fase di grande incertezza, ma poi, in tempi relativamente brevi, si arriverà ad una soluzione: i dirigibili avranno ancora un loro ruolo nella storia dell’aviazione, ma saranno soppiantati dagli aeroplani. E sarà la guerra, almeno per quello che riguarda gli aspetti militari della disputa, a mettere in evidenza la vulnerabilità del più leggero dell’aria. Quel compito riservato ai dirigibili nelle grandi manovre del 1913 («tenere l’aria e sottrarsi in modo sicuro alle offese degli aeroplani») una volta sottoposto alla prova dei fatti, si rivelerà irrealizzabile. Nel 1914 era in servizio a Boscomantico anche un “floscio” acquistato in Germania, il “Parseval”, affidato al comandante magg. Seymandi.

Un raro documento di quell’anno, fornitoci dal maggiore Alessio Meuti, mostra il Parseval in volo sopra la base, fotografato da un altro dirigibile. Fra i tiranti della navicella di quest’altro dirigibile, si distinguono l’hangar e l’Adige. Il P5, al comando del capitano Merzari, operò intensamente per una serie di prove relative all’armamento di bordo e trasmissioni radio. In vista di operazioni belliche in montagna e in presenza di forte reazione avversaria, si optò intanto per aeronavi da bombardamento in grado di raggiungere quote più elevate e coprire maggiori distanze. Allo scoppio della guerra, trasferito sulla base veneziana di Campalto, Il P5 ebbe assegnata come obiettivo la centrale elettrica di Porto Rosega, presso Trieste. Ma, ostacolato dal vento ed incappato nel “fuoco amico” (un fitto fuoco di fucileria di reparti italiani) dovette rinunciare all’impresa, la notte sul 27 maggio, e rientrare al cantiere. Del resto, già nel volo di trasferimento da Boscomantico, era stato bersagliato dalla nostra fanteria a Montebello Vicentino. Un episodio analogo accadde anche la notte successiva, con due cannonate, che andarono fortunatamente a vuoto, delle nostre fortificazioni della testa di ponte di Latisana, sul Tagliamento. Ma questa volta l’obiettivo venne raggiunto e il P5, fatto rifornimento a Campalto, rientrò a Boscomantico. Condizioni di vento avverso lo tennero in hangar, fino alla notte sul 10 giugno, e però ancora una volta venne colpito prima di attraversare l’Isonzo, dovendo rientrare al cantiere. Era evidente la necessità di ovviare a simili infortuni e si addivenne all’adozione di segnali di riconoscimento: tre fanali con i colori nazionali più un fanale rosso sotto la navicella. Poterono così proseguire le azioni di bombardamento del P5 e del gemello P4 basato a Campalto, in luglio ed il 17 settembre. Pur ostacolato spesso dal vento, il P5 operò ancora sul fronte giulio, rientrando l’11 novembre a Boscomantico per interventi di manutenzione. Il 1915 si chiuse con delusione, per le perdite subite dal parco dirigibili della Marina, praticamente azzerato, e le difficoltà operative in genere. A proposito del P5, ricordiamo che alle prove di collaudo aveva partecipato il maresciallo motorista Ettore Arduino. Questi i dati tecnici del dirigibile: lunghezza 60 metri, diametro 12, due motori da 80 CV. Per la sua attività (515 ascensioni per 889 ore e mezza, in totale) vennero concesse due medaglie d’argento ai comandanti, fra i quali Angelo Berardi. Ultima notazione: alla consegna della bandiera di combattimento , donata dalle signore veronesi, presenziarono i ministri della Guerra e della Marina. Per consentire le operazioni delle aeronavi più grandi, da alta quota, Boscomantico venne dotato di un hangar metallico lungo 90 metri, largo 21,80 e alto 24 metri, con una fossa centrale per la navicella. Dal 17 marzo 1916 divenne la base dell’M3, comandato dal capitano Tullio Benigni; con lui era anche il capitano Attilio Calderara. Drammatica fu la prima missione bellica, nella zona del Tonale: raggiunto da un proiettile sparato da una batteria in alta quota, nel percorso di ritorno fu preso di mira a Brescia dalla nostra contraerea e poi attaccato anche da due idrovolanti italiani, che lo costrinsero ad atterrare a Borgosatollo. Ripartito zoppicante, venne ancora attaccato da un nostro Farman, che lo aveva scambiato per un’aeronave nemica. Riparati i danni, l’M3 operò sulla Val Lagarina, cominciando con il bombardamento delle fortificazioni di Monte Brione a Riva, ma anche sul Tagliamento, con i capitani Benigni e Angelo Berardi: il capitano Attilio Calderara nell’equipaggio. Compì in tutto 38 ascensioni, per quasi 53 ore. Veri protagonisti della guerra furono però l’M11 ed il capitano Angelo Berardi, che già nella notte sul 2 maggio 1916 aveva compiuto una missione sul fronte giulio con l’M1, mentre il gemello M3 colpiva duramente la stazione ferroviaria di Trento da Boscomantico. L’M11 (lungo 82 metri, 18 di diametro, alto 28; due motori da 180 CV, velocità massima 68 km/h, 50 ore di autonomia, capacità di carico 1.200 chili) arrivò a Boscomantico il 28 giugno 1917, comandato dal capitano Tullio Benigni, secondo pilota Berardi. Dopo sette sortite di addestramento, passò il 26 luglio al comando di Berardi, con il quale avrebbe compiuto tutta la sua attività bellica. La prima azione fu dal campo-trampolino di Spilimbergo la notte sul 20 agosto, mentre infuriava l’undicesima battaglia sull’Isonzo. Seconda azione il 23 agosto, con rientro a Boscomantico il 27. Le operazioni si svolgevano nelle notti di novilunio, alla quota anche di cinquemila metri e sempre sopra i quattromila. In una esercitazione a Verona raggiunse i seimila metri il 15 novembre, migliorando il primato d’altezza l’8 dicembre. Cantieri-trampolino erano Campalto, Spilimbergo, Casarsa, per il fronte del Carso. Da Boscomantico il comandante Berardi, maestro nella scelta di nuove vie di penetrazione per sventare la reazione contraerea, passando dal Baldo e il lago di Garda alle valli bresciane, teneva sotto pressione gli apprestamenti austriaci, soprattutto ferroviari, della Valsugana, Val Lagarina (obiettivo primario era Mattarello), Caldaro, Mezzolombardo, Lavis, Bolzano, Tione, Stenico. Nella fase finale della guerra i bombardamenti vennero via via sostituiti anche del tutto dalle azioni di guerra psicologica, con lanci di tonnellate di giornali e manifestini. Nel 1917 l’M11 di Berardi compì 55 ascensioni, per 125 ore e mezza; nel 1918 le ascensioni furono 98, per un totale di 274 ore e mezza. Dopo la vittoria, Berardi compì un’ascensione durata sette ore da Boscomantico, poi andò incontro al suo destino beffardo: esattamente un mese dopo Vittorio Veneto avrebbe trovato la morte scomparendo in mare con un dirigibile da osservazione (05) entrato in collisione con un gemello. Non ci furono superstiti. In onore di Angelo Berardi l’M11 venne battezzato con il suo nome, il 15 febbraio 1919. A Boscomantico fece 16 ascensioni, soprattutto per turismo, nel 1919 per un totale di 16 ore e mezza; altre 66 ascensioni, per 122 ore e mezza, negli anni 1920-21. Dal campo di Boscomantico, che venne intitolato al nome del grande pilota, pluridecorato al valore, l’M11 lasciò definitivamente gli ormeggi il 13 maggio 1921 per Ciampino, dove fece altre quattro ascensioni: nell’ultima portò in volo la regina Margherita, con il suo seguito. Allo sgonfiamento, il 27 giugno 1923, assistette il principe di Piemonte, Umberto. La bella nave aveva compiuto in totale 383 ascensioni, per più di 779 ore complessive. Ad Angelo Berardi sono intitolati l’aeroporto e la strada che dal Chievo conduce al campo di volo. Da “Pro Verona”, IV (1913, n.6): Benché faccia mestieri parlare di tutte cose campate in... aria, tuttavia per dire cosa sia il mostruoso nido in cui riposa il nostro dirigibile militare “P. 5” a Boscomantico, bisogna parlare di cose miseramente terrene e terribilmente solide. L’abitazione di questo tremendo zerbinotto dell’aria è un immenso castello d’acciaio, piantato tenacemente sopra uno spiazzo solatio alle spalle di una collina che finisce bruscamente e che sembra né suoi ripieghi e nelle sue angolosità la classica figura del gladiatore morente. Il “P. 5”, anche senza giri retorici, è un autentico sigaro di caucciù e di seta fabbricato da una Regia di titani, un sigaro che – caso strano – ha un terrore inesprimibile per i suoi omonimi di tabacco quando sono accesi, e che arriccia il...naso al loro più lieve e più vago odore. Sotto il suo vasto addome, tra un lucente groviglio di fili argentei pencola la svelta navicella foggiata a palischermo su cui gravano due robusti motori di 70 “HP”. Questa è la regione... cardiaca soggetta, come quella degli umani, a debolezze. Per chi lo ignorasse, diremo che il “P. 5” come tutti i suoi confratelli di questo mondo tiene una fornitissima cantina di... bottiglie, non importa se non sono bottiglie di buon recchiotto con tanto di etichetta fregiata, ma in compenso sono tutte a sua esclusiva disposizione e nessuno gliele tocca: vogliamo alludere ai numerosi tubi ripieni di idrogeno che il dirigibile beve a grossi sorsi saturandosi sino all’ebbrezza. Sicuro. Esso è un bevitore formidabile. Assorbe, con una voracità unica il gas, e la sua avidità non disgiunta ad una saggia previdenza, lo spinge a riempire di idrogeno uno speciale polmoncino di riserva – il “ballonet” – il quale fa l’ufficio del serbatoio a vescica nel ventre del cammello. Il 25 maggio u.s. un’accolta di Dame Veronesi interpretando il pensiero delle donne di Verona, alla presenza delle autorità civili e militari tra cui era il ferreo Cagni I: Eroe di due deserti, dei più vasti geli e delle più vaste sabbie... affidava il bel vessillo della Patria alla poppa della nostra aeronave. E in quel brivido di colori che ora freme nella vacuità di questo palazzo d’acciaio e che ha portato e che porterà l’inno della conquista, come una sfida, alle sconfinate solitudini azzurre, in quello noi salutiamo la sua grand’Anima nuova, il suo raggio spirituale, che lo trasumana e che lo rende degno del suo regno di superiorità, di perfettibilità e di divinità. Ave, fratello di spirito nostro!

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  Regio Decreto 1057 del 1926 O.d.G. 6 ottobre 1923 Cambio Denominazione 1939 Costituzione Distaccamento Aeroportuale 1970 Mappa aeroporto anni '20 Mappa aeroporto anni '20
Regio Decreto 1057 del 1926 O.d.G. 6 ottobre 1923 Cambio Denominazione 1939 Costituzione Distaccamento Aeroportuale 1970 Mappa Aeroporto anni '20 Mappa Aeroporto anni '20
           
Mappa aeroporto anni '20 Tavola IGM inizi '900 Il Parseval a Boscomantico Parseval a Boscomantico 1956 1956. Luciano Toson
Mappa Aeroporto anni '20 Tavola IGM inizi '900 Il Parseval a Boscomantico Il Parseval a Boscomantico 1956 i primi piloti del rinato aeroclub 1956 Luciano Toson
           
Classe di leva 1892 presso il Battaglione Specialisti di Boscomantico Classe di leva 1892 presso il Battaglione Specialisti di Boscomantico Dirigibile P5 nell'hangar di Boscomantico, 1913-14 Dirigibile P5 nell'hangar di Boscomantico, 1913-14 Dirigibile P5 nell'hangar di Boscomantico, 1913-14 Dirigibile Ausonia bis nell'hangar di Boscomantico, 1911

Foto ricordo della classe di leva 1892 nel Cantiere di Boscomantico (Immagini del Sig. Pasquale Fallacara)

Foto ricordo della classe di leva 1892 nel Cantiere di Boscomantico

(Immagini del Sig. Pasquale Fallacara)

Dirigibile P5 nell'hangar di Boscomantico, 1913-14

(Immagini del Sig. Pasquale Fallacara)

Dirigibile P5 nell'hangar di Boscomantico, 1913-14

(Immagini del Sig. Pasquale Fallacara)

Dirigibile P5 nell'hangar di Boscomantico, 1913-14

(Immagini del Sig. Pasquale Fallacara)

1911. Dirigibile Ausonia bis nell'hangar di Boscomantico 
           
Dirigibile Ausonia bis nell'hangar di Boscomantico, 1911 1928. Sei Ansaldo A.300 Dirigibile P5 Navicella Dirigibile M3 Hangar di Boscomantico
1928. Sei velivoli A.300 1928. velivoli A.300 Dirigibile P5 Navicella Alta Quota del dirigibile M3 Dirigibile M3 Hangar di Boscomantico
           
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