Diritto al Segno

articolo di Gianni Cantù, Nuove Ali,

Franco Cappa accanto al suo velivolo S.79

Domani pago io. Festeggeremo il mio compleanno con un siluro nella pancia della porterei. Il tenente  di complemento Franco Cappa, della 280^ Squadriglia, laureando in medicina, sembrava proprio sicuro di sé. Ma sapete, un conto è dire “Domani faccio un appendicite” altro paio di maniche ripromettersi di fare una laparatomia ad una navicella di nome Ark Royal la quale, fra parentesi, non risultava aver dato il suo assenso all’operazione…. Ma siamo lì, uno dice: “Vado a dormire e quando mi alzo, con quella ci penso io”. Poi magari è capace di fare sul serio. Tanto più che quella era una rogna che dava parecchio prurito ai nostri piloti. Una nidiata di caccia imbarcati, sotto la pancia, mentre si era impegnati a calcolare la distanza e l’angolo di attacco per sistemare una certa faccenda, non era cosa precisamente igienica. Bisognava perciò fare qualcosa per far mancare a quegli scocciatori della R.A.F. la loro pista rollante. Naturalmente c’è chi dice “faremo così” oppure “vedremo” e c’è chi dice “ci penso io”. Franco Cappa era uno di questi. Era uno che non aspettava ordini. E gli altri lo sapevano. Per  questo, quando avevano parlato di compleanno e lui aveva fatto la promessa della gran festa, tutti avevano sentito che la festa ci sarebbe stata. Sulle navi ci sarebbe stato il ballo, ed a casa la bevuta. Chissà che anche stavolta non avessero potuto festeggiare tutti insieme l’avvenimento…  Non si sa mai. La guerra è una cosa lurida, tremendamente, ma le sorprese non mancano. Si, qualche buco nelle fusoliere ci sarebbe stato, ma si poteva anche tornare tutti, perché no? Sei aerei, sei siluri a segno, sei ritorni. Intanto il convoglio veniva avanti. Camminasse pure, per il momento, all’alba si sarebbe veduto. Qualche giorno prima, il 2 maggio, c’era stata la prima azione. Cinque avevano sganciato, soltanto Cappa non aveva potuto passare tra le maglie della difesa, e s’era riportato a casa il siluro. Il comandante di squadriglia non gliel’aveva fatta passare. Ma, più che il rimprovero del Cap. Moioli, a Cappa bruciava il rimorso di non aver osato di più. Il comandante aveva ragione. Bisognava passare. Ma glielo avrebbe fatto vedere. Sul campo di Decimomannu gli S.79 aspettavano gli equipaggi. Gli specialisti ronzavano intorno agli aerei, e vi dedicavano le loro cure migliori. Motori a punto, armi lubrificate e rifornite, strutture rivedute, apparati funzionanti. Tutto era a posto. I siluri erano agganciati tra i larghi carrelli. Cappa era andato accanto al suo aereo. Un ammiccare del tecnico del silurificio gli conferma che l’accordo segreto è stato rispettato: il siluro è regolato sui sei metri di profondità, per una grossa nave da guerra, anziché sui tre, come prescritto, per un piroscafo… C’è l’ha fatta! Equipaggi in linea di volo. Motori in moto. Sono le ore 7 dell’8 maggio 1941. Via! Uno ad uno i trimotori decollano, girano sull’aspra terra sarda, puntano sul mare aperto. Superano Capo Teulada, il Cap. Moioli batte l’ala per la trasformazione: i trimotori si mettono in fila indiana e scendono a pelo di acqua. L’azzurra distesa diventa senza limiti. I piloti cercano di pensare ad una esercitazione: laggiù li aspettano delle sagome immobili e pacifiche; nel cielo non sbocceranno nei fiori dai contorni incerti, che le eliche sfilacceranno; non ci sarà l’agguato della caccia.

Tutto filerà liscio. Liscio! Liscio come la superficie del mare, quella liquida e durissima superficie che gli piegherebbe le eliche se vi indugiassero a frullare; quella superficie piatta e lucida dalla quale ad un tratto spuntano le bisce bianche delle scie del convoglio. Già, il convoglio! C’è il convoglio, le navi ci sono, proprio per quelle siamo in volo, e sparano. Sparano da maledette e alzano un muro di ferro e d’acqua e di fuoco, fetente, caldo e traditore. Altro se sparano! Ti scegli la nave e la punti, diritto, e vai via, addosso, diritto, al centro; via basso contro quegli sporchi lumi arancioni che si accendono da tutte le parti. La nave diventa grossa, si alza e ti si avventa contro. Sgancio! Come sparano quei cannoni! A pensarci la bocca si impasta e gli occhi si fissano lontani, bruciano e fissano l’orizzonte. I nervi inavvertitamente si tendono e ti accorgi di stringere forte il volantino. Rilassati, così non puoi prepararti all’azione. Che calma su questo mare! Non c’è nulla di più bello che volare su un mare così azzurro. Ci vorrebbe la ragazza, qui accanto. Cielo terso, mare pulito come per una festa. Venticinque anni! Il tenente Franco Cappa pensa che domani dovrà pagar da bere a tante spugne. Ma sarà una gran festa. Perché laggiù… Si laggiù c’è il convoglio! Sono le 9,15. A quattro chilometri dal bersaglio, gli aerei salgono a trenta metri, quota di sgancio. I pensieri di Franco Cappa si cristallizzano sulla portaerei, quella stramba nave che bisogna far fuori. Il calderone è cominciato. Fuoco dappertutto. Ballo d’inferno. Quanto sono le navi? Per Cappa una sola: l’Ark Royal. Lo vedono volare basso e diritto, verso l’obiettivo scelto fin dalla vigilia. Gli sparano come dannati. Anche loro hanno capito. Bisogna buttar giù l’Italiano, sennò è finita. Franco Cappa vede fontane d’acqua che gli tolgono la visuale della preda, e – vivente arma scagliata contro l’avversario – non deflette. La fiancata della portaerei gli si avvicina ormai decisamente. Gli sembra perfino bella, quella nave. Il cap. Moioli ha colpito, il tenente Marino Marini ha fatto il bis: dal loro aereo in rotta di scampo, vedono Cappa superare lo sbarramento, sorvolare i piroscafi senza sganciare; continua deciso verso il centro del convoglio immenso, dove troneggia la portaerei! La nave è vicinissima; il fuoco delle batterie si concentra sul fragile trimotore, lo investe, lo avviluppa, lo schianta. Giù il siluro! Franco Cappa non ha mancato la promessa. Inesorabile il siluro ha colpito, ma nello stesso istante, nelle immediate vicinanze della sua preda, l’aerosilurante s’inabissa. In quell’attimo la fiamma dell’ardimento consuma il cuore dell’Eroe, alla cui memoria la Patria tributerà il massimo riconoscimento al valor militare.

 

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